Monumenti e luoghi di interesse storico

Sistemata sulla facciata esterna del vecchio Municipio di Castel Frentano, in pieno centro storico, e dedicata a due concittadini caduti in terra d’Africa: Rocco Ferrante e Silvio Abbonizio.

Da sempre il “Colle della Vittoria”, che si trova alle porte di Castel Frentano  (all’interno della Villa Comunale “Sen. Errico D’Amico”), lungo la strada che porta a Lanciano, racchiude il valore e il cuore del popolo castellino. Ed è proprio su questa amena collina che sorge (ed oggi si può guardare in tutta la sua magnificenza), un Monumento di pregevolissima fattura: una perfetta riproduzione della famosa “Vittoria Alata Pompeiana”che deriva, a sua volta, da una colossale statua in bronzo fatta eseguire da Pirro nell’anno 280 avanti Cristo.  L’attuale statua è anch’essa in bronzo, alta due metri e poggia su di un globo, sorretto da una splendida colonna romana di granito roseo lucidato di Baveno, sormontato da un capitello elegante di marmo bianco che poggia su di un alto basamento di travertino( da: Castel Frentano ai Figli morti perché la Patria vivesse grande – Arti Grafiche F. Cafieri – Napoli – 1940 -).  Alla sua base, un’artistica aquila imperiale ( anch’essa realizzata in bronzo) ed una scritta: “Su questo colle, davanti al mare nostro, Castel Frentano consacra la immortalità dei suoi eroi”. Si tratta, quindi, di un luogo solenne e contemplativo, di rara bellezza, che induce il visitatore alla riflessione e al raccoglimento per ricordare le fulgide figure dei suoi tanti cittadini immolatisi per la grandezza dell’Italia.  Castel Frentano, d’altronde, è un ridente centro agricolo del chietino, che gode di un’aria salutare e di un’eccellente posizione geografica da cui si ammirano l’imponente massiccio della Maiella, le prominenze e le sinuosità dei colli vicini (picchiettati di bianchi casolari), il nastro tortuoso del fiume Sangro e l’irrequieto mare Adriatico. Il tratto gentile, la simpatia e l’ospitalità dei suoi abitanti, la salubrità del suolo e l’ottima acqua da bere, consigliano una visita che, di certo, farà bene e ritemprerà efficacemente lo spirito di ognuno.

“La gloria della Patria al fiore dei figli di Castel Frentano”
                                                      (di Mario Salvitti)

La chiesa arcipresbiteriale di Santo Stefano Protomartire è la chiesa madre di Castel Frentano, in provincia di Chieti. Venne ricostruita nella seconda metà del 1700 su una chiesa edificata probabilmente tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo, divenuta troppo piccola per contenere per contenere il numeroso popolo ed ormai, malridotta. Fin dal XVI secolo, la chiesa è Arcipretura, di cui fu primo arciprete don Camillo Savino.  

Il Primo Luogo di Culto
La prima chiesa madre di Santo Stefano è di incerta origine, presumibilmente edificata tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo. Possedeva un quadretto della pace in bassorilievo d’argento, realizzato forse da Nicola da Guardiagrele (1385-1462 circa), che purtroppo oggi è scomparso, come si apprende dallo storico Anton Ludovico Antinori. Dopo essere stata governata per qualche secolo da un rettore, nel XVI secolo la chiesa fu elevata al rango di Arcipretura (probabilmente in concomitanza con la creazione della diocesi di Lanciano, nel 1515), privilegio concesso ad una parrocchia molto estesa ricca di popolo e di clero, dando così modo all’Università di Castel Nuovo (così infatti si chiamava allora Castel Frentano) di eleggere il suo arciprete.

chiesa2Il primo arciprete di cui si conosce il nome è don Camillo Savino. Di questo periodo, si conserva un fonte battesimale ligneo del 1500 circa, restaurato negli anni Sessanta del XX secolo, l’unica opera della chiesa antica sopravvissuta fino ai giorni nostri. Nel 1616 la chiesa di Santo Stefano e le altre del paese furono luogo di visita da parte di Mons. Lorenzo Monzonís Galatina, arcivescovo della diocesi lancianese. Dalla quella visita pastorale di apprende che a quell’epoca la parrocchia era molto più ricca di opere artistiche rispetto all’attuale tempio. L’altare maggiore infatti era arricchito da un tabernacolo ligneo, da statue raffiguranti Santo Stefano e San Giovanni e vi si trovava un quadro dell’Annunciazione. Nella navata c’erano ben 11 altari laterali, mantenuti dalle famiglie benestanti dell’epoca; erano dedicati a San Salvatore, ai Santi Andrea, Elisabetta e Biagio, ai Santi Antonio Abate e Tommaso apostolo, a San Sebastiano, alla Natività di Maria, al Santissimo Rosario (quello dell’omonima Arciconfraternita del loco), ai Santissimi Angeli, a San Francesco, a Santa Caterina, a San Pantaleone e all’Annunciazione. Oggi, gli altari, le loro tele, statue e sacre suppellettili sono scomparsi.

A causa dell’incremento della popolazione, nel 1620, su proposta dell’allora arciprete don Giulio Di Scipio, la chiesa fu oggetto di notevoli lavori di ampliamento. Con il passare del tempo lo splendore della chiesa venne perso, a causa della crescita demografica e all’abbandono del tempio. Castel Nuovo infatti nel corso del 1700 conobbe un notevole benessere economico e demografico, grazie alla Signoria dei Caracciolo, mettendo la chiesa di Santo Stefano in condizione di non riuscire più a contenere il numeroso popolo; si rese quindi necessaria la costruzione di una nuova chiesa.

Il problema della vecchia chiesa trovò risposta nella risoluzione del Parlamento dell’Università, adottata il 16 novembre 1749:
Quando finalmente si trovarono i fondi, iniziarono i lavori per la costruzione della nuova casa di culto. Secondo la tradizione popolare, i cittadini, spinti dalla voglia di vedere realizzato un nuovo tempio, contribuirono formando una catena umana per trasportare mattoni dall’attuale contrada Crocetta (dove probabilmente allora vi era una fornace di mattoni) fino al paese. A riguardo gli storici sostengono che ci fu un celebre architetto, la tradizione sostiene essere il Vanvitelli. Si suppone invece che si tratti di Mario Gioffredo, allievo del Vanvitelli, in quegli anni stava costruendo la chiesa del Carmine a Vasto. La costruzione si protrasse per molti anni fino alla riconsacrazione da Mons. Domenico Gervasoni e all’apertura al culto nel 1780, come confermato dal portale. Tra il 1978 e il 1981 fu oggetto di interventi di restauro su commissione del parroco don Costantino Parente, in cui venne ricostruito il tetto, il pavimento e ritinteggiato l’edificio, nelle sembianze di come si presenta oggi.
Particolare della facciata neoclassicaLa chiesa presenta uno stile che precorre al classicismo. L’unico elemento barocco è rappresentato dal portale in pietra; si ipotizza quindi che possa essere stato riutilizzato dal vecchio edificio di culto. La cupola di cui è dotata la chiesa poggia su quattro arconi del transtetto. Questo posizionamento è ritenuto un tocco di maestosità.

L’Interno
Dato che l’edificazione della chiesa nuova fu molto dispendiosa, fu abbandonato il progetto di dotarla di pitture, a causa di una spesa di 300 ducati, ritenuta eccessiva. Venne invece decorata agli inizi dell’Ottocento con sobri stucchi, attribuiti al Ciampoli. L’interno, a navata unica, possiede sei altari laterali del periodo della ricostruzione, ornati da pale d’altare attribuite a Giuliano Crognale (1770-1862), pittore castellino. Queste ultime rappresentano rispettivamente la Madonna Immacolata, San Michele arcangelo, Sant’Anna che educa Maria, l’incredulità di San Tommaso apostolo, Maria Santissima del Rosario e Maria Santissima del Suffragio (non esposta a causa dello stato precario in cui vige la tela). Le ultime due sono posizionate nelle cappelle delle due confraternite. Nel XIX secolo l’arciprete Don Luigi Di Guglielmo della famiglia Silveri, fece aggiungere l’altare maggiore e la sua balaustra (1847), in contrasto però con la chiesa e con lo stupendo organo, opera di Quirico Gennari di Lanciano, tutt’ora conservato in cantoria anche se non funzionante. Sull’altare maggiore era posta una tela settecentesca raffigurante Santo Stefano, ora conservata solo in parte. Nel 1926 l’Arciprete Francesco Gaetani fece restaurare l’altare maggiore.I quattro evangelisti in pietra vennero aggiunti alla cupola negli anni Sessanta dall’arciprete don Francesco Memmo, che fece inoltre restaurare la settecentesca statua di San Rocco, l’ottocentesca statua di Sant’Antonio, tutt’ora poste alla venerazione. Altre statue che l’arciprete fece restaurare ma che poi non sono state utilizzate sono le tipiche statue vestite.

Il Culto di Santo Stefano
Santo Stefano in un’opera di GiottoLa chiesa è dedicata a Santo Stefano, il protomartire cristiano, ovvero il primo ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo. La devozione del Santo è molto diffusa nella provincia teatina sin dall’antichità, tanto che l’antica Cattedrale di Lanciano (quella odierna è dedicata alla Madonna del Ponte) era dedicata proprio a lui, anche se oggi questa dedicazione è ricordata solamente da un altare laterale della basilica stessa che rappresenta il martirio del Santo Protomartire.

Epoca di costruzione ed eventuali aggiunte/modifiche/restauri:
non si conosce l’epoca di costruzione della prima chiesa. Si suppone, per le caratteristiche dei resti di fondazione sui quali s’imposta la fabbrica attuale, che essa risalga al XIV secolo anche se le prime notizie che la riguardano sono state rintracciate dagli storici solo a partire dalla prima metà del XVI secolo. Agli inizi del XVIII secolo la chiesa fu ristrutturata completamente e riaperta al culto il 25 maggio 1728, ad opera dei marchesi Crognale, come attesta un’iscrizione sul fronte principale.
L’edificio si presenta in buone condizioni da un punto di vista statico.
All’esterno si segnalano tracce di umidità da risalita, croste nere e dilavamento; il fronte laterale destro è in gran parte ricoperto di vegetazione. L’interno si presenta in buone condizioni.
La facciata è in mattoni e risulta articolata in due settori da un doppio ordine di paraste binate poste agli angoli, realizzate in pietra come il portale, cornici, stipiti ed architravi, e con terminazione a capanna. Al primo livello le paraste, con capitelli che richiamano lo stile tuscanico, sono impostate su un alto basamento realizzato anch’esso con ricorsi di pietra regolare, mentre in alto solo il fregio della trabeazione termina in modo netto a filo con le sottostanti paraste.
L’ingresso alla chiesa avviene, dopo aver superato una scala piramidale, attraverso un portale, in stile barocco, coronato da un timpano curvilineo spezzato, su cui è riportata la data dei lavori di restauro settecenteschi. In asse con esso, al livello superiore, si apre una grande finestra rettangolare coronata da un timpano curvilineo e in alto, nel frontone, un oculo.
Le facciate laterali, intonacate, sono scandite in alto da una serie di aperture; nella parte bassa di esse emergono alcuni archi a sesto acuto in laterizio che sorreggevano la struttura della chiesa primitiva; inoltre sul lato nord-est si trova il portale secondario in pietra, di epoca anteriore al rifacimento settecentesco.
L’interno presenta un impianto a navata unica con copertura a botte lunettata e cupola nella parte terminale, riccamente decorate. Le pareti laterali sono scandite da una serie di nicchie che ospitano altari barocchi e dipinti.
L’abside, dietro l’altare maggiore, presenta sfarzose decorazioni. Inoltre vi troviamo una scultura lignea Inoltre vi troviamo una scultura lignea policroma, risalente al XV secolo, rappresentante la Vergine in trono con Bambino benedicente, che nonostante restauri grossolani e i danni provocati dai tarli, è ben conservata.
Ammorsato all’edificio, sulla destra, si alza il campanile, a quattro livelli evidenziati da cornici marcapiano.
La parte basamentale, per i primi due livelli, è intonacata, mentre gli ultimi due livelli sono in laterizio a faccia vista e presentano ampie aperture ad arco a tutto sesto

Le fonti bibliografiche fanno risalire la sua edificazione alla seconda metà del XVII secolo. Nella prima metà del XX secolo il tempio fu oggetto di importanti lavori di restauro. Nel 1977, con la munificenza di Amerigo Di Donato, detto Mirrichino, venne costruita la fontana sita di fianco. Fu restaurata dal comitato Feste nel 2005-2006.
Presenta una facciata a mattoni di tonalità diverse, con terminazione a capanna, delimitata da lesene angolari e ornata da archetti pensili che seguono il percorso degli spioventi e sostengono la cornice della parte sommitale del fronte. Caratteristico è il portale ogivale, sormontato da un timpano triangolare e anch’esso decorato con archetti pensili, affiancato da due finestre a sesto acuto contornate da mattoni (identici a quelli delle paraste, degli archetti e delle altre decorazioni), presentano un colore chiaro rispetto al resto della facciata. Vi si trova anche un rosone a doppia ghiera in laterizio.

I muri laterali sono composti nella parte bassa da una parte in pietra con contrafforti in mattone, separati da decorazioni che si presentano come un intreccio di archetti a tutto sesto poggianti su mensole. La parte superiore è invece intonacata e vi sono una serie di monofore e bifore in laterizio. Sulla facciata destra è presente un portale secondario a tutto sesto. Il campanile in mattone è accessibile attraverso un ingresso a sesto acuto sormontato da una bifora. Delle colonnine binate in pietra sorreggono la copertura a quattro spioventi della parte più alta. Recentemente, all’abside semicircolare intonacata è stata affiancata la sagrestia. Lungo le pareti vi sono una serie di semicolonne, in corrispondenza dei contrafforti esterni, che sorreggono in alto la cornice modanata. Il soffitto è caratterizzato da una stupenda decorazione lignea a cassettoni.

Trattasi di un palazzo signorile composto da due corpi di fabrica disposti a forma di “L”.
È sito nel centro storico tra Corso Garibaldi e Corso Torrione. La costruzione risale al XVIII secolo; fu ristrutturato dopo la frana del 1881. Agli inizi del 1900 fu realizzato il corpo di fabbrica su Corso Torrione. Attualmente versa in cattivo stato di conservazione.
Il lato su Corso Torrione è caratterizzato da un giardino pensile. Il lato di Corso Garibaldi è composto di tre livelli. Una cornice marcapiano suddivide il pianterreno dai piani superiori.
Le aperture ai piani superiori sono maggiori delle sottostanti.
All’ultimo piano vi sono due vani con finestre che si affacciano sullo stesso balcone sostenuto da delle mensole modanate.
All’interno vi sono il salone di rappresentanza con soffitto tripartito a volte a padiglione poggianti su travi di legno(la volta centrale consta di un affresco raffigurante il sorgere del sole) e la cappella di famiglia che anticamente custodiva la statua di san Giuseppe entro una nicchia e gli stemmi dei Crognale (un leone rampante appoggiato sull’albero Crognale, una specie di quercia) e dei Vergilij (tre stelle e tre gigli), rappresentante, forse, un legame di parentela fra le due casate, e un affresco rappresentante l’assunzione della Madonna.

Il palazzo Vergilij si trova nella parte terminale di un isolato sito a sua volta tra due piazze (il Largo Vergilij e e Piazza Raffaele Caporali) oltre che da una stradina. Utilizzato come residenza attualmente, in parte è disabitato.
Il palazzo fu costruito verosimilmente nel XVII secolo per il barone Vergilij sopra una preesistente costruzione. Dal catasto onciario risulta già costruito nel 1752 formato da più quarti. L’edificio si compone di tre livelli.
La facciata principale è caratterizzata dall’elevato pian terreno con muri a scarpa. Il portale è caratterizzato da un arco a tutto sesto. Un’altra apertura, sempre sul pian terreno, presenta un arco a sesto ribassato.
Al primo piano, sopra l’ingresso, vi è un balcone poggiante su mensole su cui si accede tramite delle finestre architravate, al piano superiore si ripete lo stesso tipo di finestre, di cui l’ultima mostra un interasse superiore alle altre. Il prospetto su Piazza Raffaele Caporali presenta una cornice marcapiano che suddivide il pianterreno dai piani superiori.
Sulla piazza vi sono quattro ingressi e due finestrele, di cui quella inferiore è ad arco ribassato ed all’ultimo piano vi è un balconcino poggiante su mensole.
L’ingresso principale immette in un piccolo cortile in cui vi sono un loggiato con due arcate sovrapposte e un pozzo.

Il Palazzo Crognale è il palazzo marchesale di Castelfrentano.
È sito in piazza Giuliano Crognale. Creato per essere la residenza della famiglia dei marchesi Crognali, oggi è in parte abitato.La costruzione risale tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Negli anni sessanta fu abbattuto in parte dello scalone d’onore.
La facciata è a tredici assi. Il palazzo si compone di due piani più seminterrato e soffitta.
È completamente realizzato in laterizio intonacato. I
l piano terra è realizzato con delle bugne in cui si aprono delle finestre. Il piano superiore è composto di una cornice modanata sorretta da mensole e delle paraste con capitelli decorati con volute e motivi floreali, inoltre tre aperture sono inquadrate da paraste.
La facciata e l’interno del palazzo sono in stile Vanvitelliano.